Qualche giorno fa ho risposto ad un commento sul blog.
Ne è uscita una riflessione, a mio avviso, interessante che ho deciso di condividere in questo post.
Ecco la domanda:
Ci sono esami per vedere se una persona e' portatrice sana di malattie genetiche e quindi avere gravidanze responsabili o eventualmente rinunciare ad avere figli?
La mia risposta:
Si, esistono esami per stabilire se una persona è portatrice sana di una malattia genetica.
Si effettuano ricavando il DNA della persona da un semplice prelievo di sangue o dalla saliva.
Tuttavia, si tratta di esami davvero costosi e le malattie genetiche, anche volendo fare lo screening solo di quelle più comuni, sono davvero tantissime.
Per questo motivo, questo genere di esami viene solitamente proposto solo a chi ha una storia familiare legata ad una specifica malattia genetica (parenti stretti malati o figli malati).
Un altro aspetto importante è che essere portatore sano di una malattia genetica autosomica recessiva non comporta normalmente nessun rischio.
Un eventuale figlio può nascere malato solo se anche il partner è portatore sano della medesima malattia genetica. Il discorso è un po' diverso per le malattie genetiche recessive legate al cromosoma X.
In questo caso, se una donna è portatrice sana potrebbe avere un figlio maschio malato.
Tuttavia, in questi casi, solitamente si evidenzia una storia famigliare legata alla malattia genetica.
Infine, se si tratta di una malattia dominante lo screening non serve perché non esiste il portatore sano; se il gene muta nella cellula uovo o nello spermatozoo non c'è modo di saperlo prima della fecondazione (a meno di non ricorrere alla fecondazione in vitro per motivi legati a problemi di concepimento).
Lo screening genetico, dunque, potrebbe essere utile per evidenziare la presenza di mutazioni genetiche dominanti di patologie che si manifestano in età adulta (come il tumore al seno legato ai geni BRCA o la corea di Huntington), che possono essere trasmesse ai figli con una probabilità del 50%, oppure per escludere lo stato di portatore sano di specifiche malattie genetiche (in questo caso l’esame deve essere necessariamente fatto da entrambi i membri della coppia per il motivo che ho spiegato prima).
Fino a qualche anno fa la 23andMe faceva test di screening su tantissime malattie genetiche a prezzi molto competitivi, anche se elevati: bastava ordinare il kit on line ed inviare loro un po' di saliva. Tuttavia, oggi non è più possibile.
Pur essendo test utili e di validità comprovata, può essere pericoloso che un paziente riceva questi dati e li interpreti da solo, soprattutto se non ha una solida preparazione scientifica e ottime basi di genetica. Faccio alcuni esempi.
Posso scoprire di avere una mutazione BRCA e che mi verrà un tumore al seno.
Che beneficio reale mi dà saperlo prima?
Alcune persone riuscirebbero a vivere serenamente questa consapevolezza, sottoponendosi ad esami periodici e favorendo una diagnosi precoce.
Altre, probabilmente, non sopporterebbero il peso di questa consapevolezza, perdendo anni interi di serenità.
Oppure posso scoprire di avere una probabilità maggiore rispetto al resto della popolazione di sviluppare una certa malattia. Se so interpretare i dati, so come comportarmi e quale peso dare a questa informazione.
Se non ho la formazione necessaria, potrei preoccuparmi molto e questo potrebbe compromettere il mio benessere a lungo termine.
Immaginiamo che una persona di 30 anni scoprisse di avere la mutazione per la corea di Huntington; i sintomi della malattia si manifestano tra i 35 e i 45 anni e, al momento, non esiste una cura. Siamo davvero sicuri che questa informazione non avrebbe ripercussioni sulla vita di questa persona (in ambito lavorativo, finanziario, personale, ecc)?
In conclusione, posso dire che ritengo i test genetici utilissimi, ma a certe condizioni.
Mi auguro che in un futuro non troppo lontano, tutti possano accedere allo screening genetico, almeno per alcune patologie, ma servono metodiche meno costose, personale competente in grado di spiegare correttamente i risultati e sostenere il paziente e leggi adeguate per evitare discriminazioni.
Forse sono andata un po' oltre la domanda iniziale, ma spero che questo spunto di riflessione possa essere utile a tutti i lettori del blog.
Tania Tanfoglio